"Racconti di memoria e d'oblio" di Alice Rivaz (Italian Edition)

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"Racconti di memoria e d'oblio" di Alice Rivaz (Italian Edition)

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I personaggi di questa raccolta di racconti appartengono quasi tutti all’immensa famiglia dei ‘miserabili’, gli sconfitti della cosiddetta società dell’opulenza. Vi compare la lavandaia che si ammazza di lavoro per mantenere un marito parassita, Sorella Olga la cui vita non è che dedizione e modestia, la piccola signora dai capelli bianchi che si alza in piena notte per distribuire i giornali agli abbonati al fine di portare a casa 63 franchi al mese; vi compaiono poveri, gente che stenta la vita, sfruttati quasi invisibili all’interno di una Ginevra lussuosa e lustrata.
Tra questi diseredati, i più degni e bisognosi di pietà sono gli anziani e i bambini; il piccolo Eric, intristito dalla solitudine, il cui padre se ne è andato, non si sa dove, e la cui madre si è fatta un amante che tenta di imporgli come nuovo padre; oppure la piccola Fanny, obbligata dalla madre a cantare per rallegrare il padre, le volte che questi, dopo essere andato per qualche tempo dall’amante, rientra a casa con la bocca piena di invettive.
E gli anziani, così fatalmente fuori moda. Come quel disgraziato bistrattato sull’autobus, in passato chissà?, professore, medico e sapiente, diventato ormai “colui che la società emargina e a volte irride dopo averlo sfruttato e spremuto fino al midollo, proprio come getta nella spazzatura senza rimpianti, anzi con frenetica soddisfazione, tutto ciò che, dopo l’uso, si è rovinato, arrugginito, logorato, consunto”; o come la vecchia signora che non lasceranno nemmeno morire in pace all’ospedale; o, ancora, come il vecchio militante, un tempo gloria del suo partito e che oggi nessuno ascolta più…

Per raccontare la miseria dell’essere, Alice Rivaz non usa (non l’ha mai fatto) alcun artificio letterario; i suoi sforzi la portano a incontrare, a forza di simpatia e di attenzione donata ai propri personaggi, la più intima sostanza umana. In questo modo la scrittrice gioca il ruolo di medium attraverso il quale ci perviene la voce, sempre soffocata, di quegli ‘altri’ sofferenti. Vengono in mente, a tal proposito, gli ospiti dei ricoveri (nel racconto La bella vita) di fronte ai visitatori impazienti “di riguadagnare il più presto possibile il mondo dei vivi” per “ricominciare a mordere avidamente la carne cruda, sanguigna, saporosa della loro vita della quale, appena entrati qui, si sono sentiti crudelmente privi e furiosamente affamati”.
Saper ascoltare gli altri, lasciare crescere in sé le paure, i sogni, con quella paziente e amichevole attenzione, codice d’ingresso indispensabile se si vuole penetrare e decifrare le anime, è il primo atto da scrittrice cui adempie Alice Rivaz. Il lavoro di scrittura viene dopo. Un lavoro che lei vuole pieno di umiltà, poiché utilizzare un linguaggio in cui coloro che sono al centro dei suoi racconti non si riconoscerebbero, significherebbe tradirli.

Al termine dello splendido racconto Lavoratrici a domicilio il lettore incontra questa emblematica riflessione sull’ambiguità insita nel lavoro di scrittrice: Alice Rivaz conosce una signora il cui marito è morto dopo aver portato, durante un trasloco, una macchina per cucire troppo pesante per le sue forze, “e tornando a casa pensavo già che forse più tardi, quando ne avessi avuto il tempo, ne avrei tratto un racconto. A quell’idea, nella mia mente le sofferenze del pover’uomo con le ulcere aperte cominciavano impercettibilmente a cambiare natura. Dapprima oggetto di una profonda compassione, diventavano a poco a poco materia di scrittura. […] Quelli che hanno la pretesa di scrivere sono fatti così. ‘Sciacalli,’ come Romain Gary ha detto una volta di se stesso. A quell’epoca il paragone mi sarebbe sembrato ingiusto e perfino umiliante. Oggi lo prendo in considerazione senza batter ciglio”.
È proprio nei momenti di questa raccolta di racconti, in cui s’ispira alla propria esperienza, che Alice Rivaz ritrova il tono sottile e sfumato della sua opera Coptez vos jours. Un’opera a cui il suo lettore viene richiamato leggendo il primo dei diciannove racconti, L’Oblio, e l’ultimo, Distanza.

L’Oblio racconta un incubo generato da un senso di colpa, la cui apparizione onirica conduce la dormiente a contemplare con spavento una delle zone più oscure, più ingrate del suo Io segreto. Il tema è quello dell’abbandono delle persone amate (i genitori, nella fattispecie), ed è un’altra modulazione di quel tema che si incontra di nuovo in Distanza, dove l’immagine del padre, appena percepita, sfugge una volta di più alla presa e in cui l’ultima frase riassume non solamente questi racconti così avvincenti, ma una buona parte dell’intera opera di Alice Rivaz. È stato, dice, “come se una volta di più, fossi riuscita a incontrarlo appena per un istante, nient’altro che un passante su questa lunga strada dove ognuno cammina da solo”.

L’Autore: Definita la Grande Dame della letteratura svizzera, Alice Rivaz (qui la scheda Autore completa) nasce nel 1901 a Rovray. Dalla più tenera infanzia vive sulle rive del lago di Ginevra, dove lavora fino all’età della pensione al Burea International du Travail. Nel mondo degli impiegati degli Organismi Internazionali ambienta il suo primo romanzo L’ora prima (Nuages dans le main – 1940), che rivela la capacità della Rivaz di costruire la trama attraverso la vita interiore dei personaggi, con immagini, parole e sensazioni. Nel 1945 pubblica Un peuple immense et neuf (Un popolo immenso e nuovo), un invito alle donne a prendere in mano la penna, ma la tematica femminile esplode nel romanzo-pamphlet La paix des ruches (1947, La pace degli alveari); un testo che anticipa di due anni i temi della riflessione femminile trattati da Simone De Beauvoir.
Nel 1961 esce la raccolta di racconti Sans Alcool e, nel 1966, Compez vos jours (Contate i vostri giorni), riflessione narrativa in undici stazioni sulla vita di una donna. L’Alphabet du matin, (1968, L’alfabeto del mattino) è l’ariosa rievocazione autobiografica dell’infanzia. Le creaux de la vague (1971, Il cavo dell’onda) è la continuazione di Comme la sable, del 1946, ambientati nel mondo del lavoro al BIT. Nel 1973 escono i racconti di De mémoire et d’oubli (Di memoria e d’oblio). Nel 1979 vede la luce Jette ton pain (Getta il tuo pane), culmine tematico e stilistico della scrittrice. Nel 1992, carica di riconoscimenti letterari, Alice Rivaz si ritira in una casa di riposo nei pressi di Ginevra. Muore nel 1998.

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